Lungo il corso del Canale Cavour – Parte prima
Storia dei canali padani
Nella pianura padana, fin dal XIII secolo, furono costruite rogge e canali: inizialmente per alimentare i fossati difensivi delle città, in seguito per soddisfare il fabbisogno degli usi domestici, per azionare le ruote dei mulini e per il funzionamento dei primi opifici e manifatture.
Amedeo VIII, duca di Savoia, nel XV secolo fece costruire, da un progetto di Leonardo da Vinci, il Naviglio di Ivrea, lungo ben 73 km tra Ivrea e Vercelli usato come via fluviale per il trasporto del sale. Fino al XVI secolo si ebbe un notevole sviluppo di bonifica territoriale: numerosi furono i canali costruiti su tutto il territorio. I lavori furono poi interrotti bruscamente nel XVII secolo a causa dell’aggravarsi della situazione politica. Solo agli albori del XIX secolo si riprese a costruire: il primo fu il Canale di Cigliano, che derivava l’acqua dalla Dora Baltea.
In quel periodo la gestione delle acque era affidata ai proprietari terrieri, i quali mettevano avanti a tutto l’interesse economico, trascurandone la manutenzione. Fu intorno alla metà del secolo che Cavour, in qualità di primo ministro del regno, ribaltò la situazione, creando l’Associazione di irrigazione dell’Agro all’Ovest del Sesia, e consegnando la gestione delle acque direttamente agli agricoltori.
L’idea del Canale Cavour
Tutte le opere idrauliche erano sempre orientate da nord a sud, con piccolissimi scostamenti direzionali e seguivano perlopiù le direttrici dei fiumi che scendevano dalle Alpi. Ma negli anni attorno al 1840/1850, un geometra del tempo (allora si chiamavano agrimensori) – tal Francesco Rossi di Crescentino – ebbe l’intuizione, poi avvallata dai suoi rilievi topografici, che la pianura Padana non fosse piatta ma pendesse leggermente verso est. Pensò allora ad un grande canale irriguo che prelevando l’acqua dal Po, proprio a Crescentino, arrivasse fino al Ticino portando i suoi benefici all’intero tratto.
Tale progetto fu accantonato dall’allora Governo Piemontese, non si sa bene il perché Cavour lo bocciò (forse c’erano interessi occulti). L’idea, però, non fu messa del tutto in disparte e, poco tempo dopo la progettazione del canale pensato dal Rossi, fu assegnata dal Parlamento Italiano, nel 1862, all’ingegner Carlo Noè, il quale spostò la presa del canale più a monte, a Chivasso, e indirettamente si assunse tutti i meriti dell’opera.
L’eccezionalità dell’opera
Il progetto si rivelò un’opera di ingegneria idraulica straordinaria e fu fortemente voluta anche dai ministri Quintino Sella e Gioacchino Pepoli.
Il percorso è lungo 83 km, da Chivasso al basso Ticino (dalle parti di Galliate): quattro ponti canale e quattro tombe a sifone. La più significativa è il sottopasso del fiume Sesia, strutturato da ben cinque condotti ovoidali, costruiti in muratura, che hanno la capacità di far defluire ben 80 mc/sec.
L’intera costruzione, in pietre e mattoni, fu eseguita in soli 3 anni (1863-1866), senza intoppi (a quei tempi non c’erano fazioni opposte: sì canale o no canale) al costo di 45 milioni di lire.
Ancora oggi, in pieno esercizio, a 150 anni dalla sua realizzazione, è considerata la maggiore opera idraulica mai costruita in Italia.
Link alla prossima tappa: Parte 2
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