Pillola gastronomica: Caponet o Capunet
Tra i tanti utilizzi del cavolo verza nella cucina della tradizione piemontese non passa inosservata una succulenta polpettina rivestita da una foglia del suddetto ortaggio: i capunet.
L’origine del nome non è certa, ma sembra ormai consolidata che derivi dalla somiglianza di questo prelibato involtino con un piccolo cappone da cui il nome capunet; ma che si chiamino capunet o involtini di cavolo non fa differenza, quello che conta è che sono buonissimi.
La ricetta non solo varia di famiglia in famiglia, come per molti piatti casalinghi, ma di preparazione in preparazione, a seconda di ciò che si ha a disposizione. Una volta erano preparati per utilizzare quanto rimasto dei grandi pranzi, specialmente quello di Natale, oggi non sono quasi più fatti con gli avanzi, anche se potrebbe essere un’ottima idea di riciclo, ma è comunque un piatto molto gustoso ed apprezzato.
Dopo avere rosolato cipolla e carota a cui si aggiunge carne tritata, salsiccia e qualche strisciolina di cavolo, si sfuma con il vino e si lascia cuocere lentamente. A freddo si aggiungono parmigiano, uova, salumi tritati (prosciutto, mortadella, salame cotto), prezzemolo, mollica di pane ammollata nel latte, sale, pepe, noce moscata e se la consistenza lo richiede un po’ di pangrattato.
Si avvolge un cucchiaio di ripieno in mezza foglia di cavolo, precedentemente sbollentata, si lega il “pacchettino” con spago da cucina e si rosolano i capunet ottenuti in padella per una decina di minuti a fuoco basso fino a quando la foglia di verza assume un colore dorato e diventa croccante.
I capunet possono essere serviti come antipasto o come secondo piatto.
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