Pillola gastronomica: mérluss al vert (merluzzo al verde)
Attraverso le vie del sale, dal basso Medioevo in poi, tramite i contrabbandieri ed i già citati anciuè transitarono, oltre alle acciughe, grandi quantità di pesce salato, principalmente baccalà, che in Piemonte è comunque chiamato merluzzo come il prodotto fresco.
I ricettari del passato quasi non ne fanno cenno perché il merluzzo era ritenuto cibo legato alla penitenza, adatto a piatti di quaresima e del venerdì, e non a pranzi importanti. Dobbiamo aspettare il Settecento per trovarne traccia nei ricettari dove era consigliato alle donne di casa e mai al cuoco di corte. Vialardi, il cuoco di casa Savoia, scrive “il merluzzo o baccalà riesce un buon piatto di famiglia”.
Fino a qualche decennio fa, il venerdì, bacinelle ovali di ferro smaltato bianco con il mérluss ad ammollare comparivano fuori da ogni “commestibile” per ricordare l’obbligo di “fé vigilia”, cioè di astenersi dalla carne.
Il merluzzo, un tempo poco costoso, era cucinato una volta la settimana in quasi tutte le famiglie, spesso con la polenta, quindi il sugo doveva essere abbondante e sufficiente a sfamare, con poca spesa, la famiglia allora sempre numerosa… poca carne o pesce e tanta “bagna”!
Le ricette per cucinare il merluzzo si imparano vedendole fare da chi l’ha viste fare. Non si conoscono dosi precise, ma il risultato è sempre goloso e riporta ai ricordi ed ai profumi dell’infanzia.
Nelle fredde giornate invernali non c’è niente di meglio che ritrovarsi attorno ad un tavolo, magari con un bel fuoco che arde nel camino, ed assaporare un buon piatto di merluzzo alla piemontese.
Il merluzzo dissalato, a pezzi e previa infarinatura, viene cotto “al verde” con abbondante trito di prezzemolo, cipolla, aglio, poca conserva ed altri profumi eventuali; la cottura condotta in umido in modo da avere una “bagna” (sugo) abbondante e cremosa da gustare con polenta fumante o pane croccante.
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