Pillole gastronomiche: il batsoà
Come già raccontato relativamente al sancrao e alle frisse, i mesi invernali nel mondo contadino erano dedicati all’uccisione del maiale e a tutta una serie di piatti ricchi di calorie particolarmente consoni ai rigori dell’inverno. Tra i più curiosi troviamo il batsoà, ovvero piedini di maiale fritti, il cui nome, piuttosto ironico, deriva dal francese bas-de-soie, ovvero ‘calza di seta’. Lo zampino, infatti, dopo la cottura diventa lucido e morbido come se indossasse una calza di seta,
I batsoà non sono un prodotto della cucina povera, nell’Ottocento il signorotto di campagna concludeva il rito della macellazione del maiale con un ricco banchetto e offriva ai suoi convitati il mitico “grande fritto misto alla piemontese” e un fritto misto con tutti i crismi comprendeva e pretendeva i Batsoà.
Ormai diventati, ahimè, una rarità, sono lunghi da preparare e non propriamente dietetici; occorre fiammeggiare i piedini del maiale, lavarli e raschiarli sotto all’acqua corrente, poi metterli in una pentola con dell’acqua fredda a cui si aggiunge cipolla, carota, rosmarino, aglio, aceto e sale e cuocere per circa 2 ore. Al termine della cottura scolare i piedini di maiale, spolparli, affettare la polpa e friggerla dopo averla impanata con uovo e pangrattato.
Filtrare il brodo e rimetterlo sul fuoco facendolo cuocere fino a ridurlo in un ammasso gelatinoso (occorre circa un’ora). Servire i batsoà, conditi con una presa di sale, insieme alla gelatina oppure arricchire il fritto misto.
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