Pillole gastronomiche: il vitello tonnato
Quella del vitello tonnato è una antica ricetta piemontese, nata probabilmente nel Cuneese all’inizio del XVIII secolo, anche se la paternità del piatto è rivendicata pure dalla gastronomia lombarda, veneta ed emiliana.
Chiamato anche vitel tonnè, forse per dare lustro (magari ironicamente) e nobiltà a un piatto invece tipicamente popolare, preparato con gli avanzi della carne di vitello, lessata a lungo per ottenere la tanto agognata morbidezza.
Secondo Giovanni Ballarini, professore universitario e accademico nella delegazione di Parma dell’Accademia italiana della cucina, “si può pensare che tonnato volesse in un primo tempo significare cucinato come fosse tonno e che la ventresca sottolio sia stata aggiunta in un secondo tempo, probabilmente attratta dal nome del piatto”. Comunque, al di là del tonnato e dell’origine del nome, la prima ricetta di vitello tonnato con tonno l’ha scritta Pellegrino Artusi nel 1891, nella sua Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene.
Il grande gastronomo romagnolo prescriveva “vitella di latte, nella coscia o nel culaccio”, condita con le acciughe e poi bollita “con due chiodi di garofani, una foglia d’alloro, sedano, carota e prezzemolo”. La carne poi andava tagliata a fette sottili e tenuta “in infusione un giorno o due” in una salsa a base di acciughe, tonno sottolio, olio e capperi. In alcune ricette compariva anche un tuorlo d’uovo per dare più cremosità al piatto. In tempi più recenti è stato introdotto l’uso della maionese.
Oggi viene preparato con uno specifico taglio di carne (il “girello” di vitello razza fassone piemontese) ed è servito come antipasto o come secondo.
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