Tesori da scoprire: gli stambecchi della Val d’Ala
La Val d’Ala, situata alle propaggini nord-orientali del Piemonte al confine con la Francia, presenta una vasta ricchezza di specie animali, sia di piccola sia di grande taglia. La valle, che non è destinata a parco e che vede attiva la pratica venatoria, oltre agli stambecchi ospita numerosissimi caprioli, camosci, cinghiali, cervi. Ben insediato è il gipeto, con numerosi altri rapaci.
Nelle valli di Lanzo gli stambecchi erano praticamente estinti dal dopoguerra, ma sono stati riportati ai piedi della Bessanese (seconda vetta per importanza) dal Parco del Gran Paradiso; ora i branchi presenti conterebbero, secondo gli ultimi censimenti, ben 1500 esemplari: la popolazione più importante al di fuori delle aree protette.
Al fondo della valle sorge il piccolo paese di Balme (a 1400 mt. slm), culla dell’alpinismo storico delle Alpi. A protezione dell’abitato, alla fine degli anni Cinquanta, è stato costruito un paravalanghe che, negli ultimi inverni, è stato eletto a dimora da un nutrito numero di stambecchi. Vi si insediano normalmente nel mese di novembre e ci restano fino a primavera, per poi risalire in alto con il disgelo e la fioritura delle erbe.
Durante gli inverni in cui la neve scende in abbondanza gli animali non disdegnano di scendere in paese alla ricerca di cibo. Indisturbati circolano tra le viuzze e la strada provinciale che mette in comunicazione il capoluogo con la frazione superiore: il Pian della Mussa, ispiratore di grandi imprese alpinistiche e di canzoni dedicate alla montagna (tra le quali ricordiamo la più famosa: La montanara).
Lo scorso inverno, alla fine di febbraio, un bellissimo esemplare già avanti con gli anni è sceso in paese e vi è rimasto per diversi giorni, lasciandosi avvicinare come mai usano fare questi animali e accettando il fieno che gli veniva offerto dai residenti. Poi, dopo essersi rifocillato per bene, è ritornato al paravalanghe con i suoi simili. Era senz’altro un maschio dominante, già anziano ma ancora nel pieno del vigore.
Il periodo migliore per l’osservazione è senz’altro tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Quando, al di fuori del paese, sponda sinistra orografica, inizia a spuntare la prima erba fresca, i branchi scendono numerosi dal paravalanghe e gli esemplari, seppur non nel fiore della bellezza (stanno mutando la pelliccia), si lasciano avvicinare tanto da concedersi, addirittura, a bellissime riprese.
La natura sa offrire la possibilità di avvicinare specie animali che solo raramente hanno un contatto diretto con l’uomo. È un’occasione da non perdere: a patto che sia da noi gestita con un turismo sostenibile, che non può che fare del bene alle economie delle nostre valli. L’opportunità di osservare certi tesori va colta con massimo rispetto e discrezione: da adulti e ragazzi, nessuno escluso.
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